BIOGRAFIA DI UN GENE POCO CONOSCIUTO

BIOGRAFIA DI UN GENE POCO CONOSCIUTO


GIULIA FAESSLER E LUCIO ROCCO CON L’ASSISTENZA DELLA DR. LEIGH ANNE CLARK

 Un riconoscente ringraziamento a quanti dedicano la propria vita alla ricerca, a coloro che iniziano a scrivere proprie pagine nel libro della conoscenza, dapprima con mano incerta, poi sempre più sicura e lavorano duramente per provare le loro intuizioni, con la speranza di dare un piccolo, personale contributo al cammino dell’umanità. Del lavoro di alcuni di loro ci siamo serviti con l’unico scopo di diffondere la conoscenza della razza che amiamo. Un po’ di storia del collie blu merle Nel suo libro ON THE HISTORY OF THE COLLIE, Charles H. Wheeler racconta che nella seconda metà del XIX secolo era possibile incontrare collie di ogni immaginabile colore. I fulvi, però, non erano molto diffusi, si vedevano soprattutto tricolori, insieme a quelli che oggi vengono chiamati blu merle, ma che allora erano conosciuti con il nome di “guscio di tartaruga”. Questa varietà era nota anche col nome di "Welsh Heeler", pur non essendo essa specificamente originaria del Galles. All’inizio del XX secolo la colorazione blu merle veniva ancora indicata con vari nomi, "mottled", "marbled", "mirled", "merled", o anche "harlequin", ma, come sosteneva Panmure Gordon, uno dei fondatori dello Scottish Kennel Club e suo primo Presidente, il nome più corretto è da ritenersi “blue-marled”, contrazione di "marbled" (=marmorizzato) perché la parola “merle” significava semplicemente merlo, uccello nero, dall’antico francese “merle” e dal latino “merula”. Fatto sta che, dallo standard del Kennel Club del 1969 in poi, questa varietà di colore del collie è stata chiamata "blu merle", nome con cui è ufficialmente nota anche oggi. 

  Fu nel 1880 che un collie blu merle guadagnò per la prima volta l’onore di un primo premio in un’esposizione di bellezza. In quell’anno, durante una mostra a Dundee, in Scozia, il giudice Hugh Dalziel piazzò un collie di questo colore in testa alla classifica di una classe molto numerosa, e poco tempo dopo, lo stesso giudice, in un’altra esposizione tenuta a Fakenham, nel Kent, mise al primo posto ancora un collie blu merle di nome Scott, appartenente ad un certo signor Brackenridge. Per molto tempo questi collie furono considerati il prodotto di una casuale variazione di colore, fino a quando William Arkwright (Sutton Scarsdale, Inghilterra) non dimostrò che era possibile allevarli e selezionarli in purezza. I suoi blu merle raggiunsero vette di eccellente qualità di colore, un purissimo azzurro argenteo con focature e macchie bianche, fino a quando, nel 1890, il suo allevamento andò, purtroppo, disperso. Ma come dare una definizione che descriva questo mantello ancor oggi così difficile da valutare? La più semplice che viene in mente risale al 1911 ed é di Robert Leighton: “A bluish-grey colour with black intermingled” (Un colore grigio-bluastro frammisto a macchie nere). Ed in quelle due parole, “bluish-grey”, c’è tutta la differenza tra un collie blu merle di classe ed uno mediocre. 

Il processo di pigmentazione

  Prima di parlare del gene che provoca questa colorazione, dobbiamo, almeno sommariamente, ricordare come avviene il processo della pigmentazione. Il colore del mantello di un cane è dovuto alle melanine, che sono pigmenti neri o bruni (eumelanine) o rossastri (feomelanine) dalla cui presenza dipende la pigmentazione del mantello, dell’epidermide, della coroide dell’occhio ed anche dell’orecchio interno (Steingrimsson et al., 2004). Le melanine vengono sintetizzate e raccolte dentro “organelli” cellulari detti melanosomi, che sono contenuti nel citoplasma di certe cellule dell’epidermide chiamate melanociti. I melanosomi che contengono le melanine sono poi riversati all’esterno dei melanociti e da qui le melanine vengono trasferite alle cellule dell’epidermide e del pelo. In questo modo i granuli di melanina confluiscono nelle cellule del bulbo pilifero, provocandone la colorazione. Ricordiamo che i due colori di base del collie sono sabbia e nero focato. Questi due colori sono prodotti da un gene, ASIP (Agouti Signaling Protein) chiamato anche Agouti o locus A. Questo gene è dotato di varie forme alternative (alleli) ma, nel caso del collie, esse sono ridotte a due sole. Una di esse, ay , provoca la colorazione sabbia del mantello ed è parzialmente dominante. L’altra, at , genera invece il colore nero focato ed è recessiva. Ora, un cucciolo eredita un allele da ciascun genitore, per cui, sulla base delle tre possibili combinazioni tra i due alleli, potrà avere il seguente genotipo (corredo genetico):

  •  a y a y : il nostro collie è omozigote (ossia ha ereditato due alleli identici) ed il pigmento sintetizzato sarà quello fulvo per cui avremo cani con un mantello dalle varie sfumature del colore sabbia. Questo collie a y a y è quello che comunemente ed impropriamente é chiamato “fulvo genetico” ed il suo fenotipo (cioè il suo aspetto fisico) è sicuramente quello di un sabbia (chiamiamo questi cani “sabbia puri”, perché essi produrranno solo prole sabbia);
  • a t a t : il nostro collie è omozigote recessivo ed il pigmento sintetizzato è il nero. Hanno genotipo di questo tipo i collie “tricolori”, con un mantello fondamentalmente nero, focature brune ed in aggiunta le solite parti bianche; 
  • a y a t : in questo caso il nostro collie è eterozigote (ossia ha ereditato due alleli diversi) e sarà ancora di colore sabbia, ma differisce dal precedente ay a y per la presenza delle “carbonature”, ovvero la presenza di peli neri che danno l’impressione di un’ombra scura sul manto. Le carbonature si manifestano a causa della dominanza incompleta dell’allele ay sull’allele at , ossia l’allele ay non riesce ad avere il completo sopravvento sull’altro allele che, inscurendo il pelo, tradisce la sua presenza. I collie con genotipo di questo tipo sono detti "fulvi a fattore tricolore”, perché essi sono in grado di produrre cuccioli tricolori. 

Il gene PMEL

  Molti, anche tra gli allevatori, hanno ancor oggi l’errata convinzione che il merle sia un gene che provoca una colorazione del mantello. In realtà, nel linguaggio scientifico, con la parola “merle” ci si riferisce convenzionalmente al locus, cioè alla posizione del gene all’interno del cromosoma. Invece, il gene che é responsabile di questa colorazione, viene indicato con PMEL, acronimo di Premelanosome Protein ed è un gene che non produce pigmento, ma provoca solo la diluizione di quello già esistente. Questo gene fu identificato per la prima volta studiando i topi da laboratorio e fu allora chiamato SILV (da “silver”=argento) a causa del manto argentato da esso generato. Nei cani il gene PMEL presenta due forme alleliche, m e M. Si ritiene che M sia una mutazione sopravvenuta nell’allele originario m (“wild type”). Quando? Vedremo più avanti che essa è sicuramente molto antica, probabilmente addirittura antecedente la nascita della razza. Attualmente nella popolazione mondiale dei Collie esistono entrambe le forme alleliche. L’allele M è parzialmente dominante su m. 

 Ora ci chiediamo: come fa il gene PMEL ad interferire col processo della pigmentazione?

 L’azione di questo gene consiste nel formare una "rete" su cui si sistema la melanina all’interno del melanosoma. Nei cani con il genotipo Mm, la rete non è completa, "perde", e non trattiene abbastanza melanina da produrre una pigmentazione completa. Così, il colore appare diluito. Nei cani con genotipo MM, poi, la rete manca quasi del tutto e così il melanosoma non riesce a trattenere la melanina e il pelo non ha colore (bianco). 

I possibili genotipi di un collie, generati dalle diverse combinazioni tra gli alleli del gene PMEL, sono tre: mm, Mm, MM: 

  1.  nei collie omozigoti recessivi (genotipo mm) si ha un fenotipo non merle. Nei tricolori at at mm (ma anche nei fulvi ay a ymm e nei fuvi carbonati ay a tmm) il pelo é ben pigmentato di nero o di sabbia e non mostra alcun segno di diluizione;                                         
  2.  nei collie eterozigoti (genotipo Mm) si manifesta un fenotipo merle, cioè una diluizione del colore di base del mantello (nero o sabbia che sia). A causa di questa diluizione il pelo nero (at a tMm) diventa grigio, mentre quello fulvo (ay a yMm) o fulvo carbonato (ay a tMm) diluisce in un colore sabbia chiaro. La diluizione, nel mantello fulvo, non è così evidente come nei tricolori, per cui risulta spesso difficile distinguere questi collie diluiti dai comuni sabbia. L’effetto del gene mutato M è visibile anche dagli occhi, che sono spesso parzialmente o totalmente azzurri;

       3. i Collie omozigoti dominanti (genotipo MM) hanno un fenotipo doppio merle, hanno,                 cioé, un mantello di un colore molto sbiadito, di tonalità biancastra. Questi sono però                 cani con un’alta probabilità di essere ciechi o sordi, o comunque possono presentare                   gravi difetti alla vista e all’udito. Le cellule di pigmento, infatti, hanno una funzione i                   mportante nella trasformazione dello stimolo luminoso o acustico in uno stimolo                       elettrico e nella sua successiva trasmissione fino all’encefalo attraverso i nervi. 

  Nei cani merle (Mm) la matrice (la “rete”) che dovrebbe accogliere il pigmento, non è prodotta nella maniera giusta e, di conseguenza, il deposito di pigmento sarà incompleto, cioè non tutto il pigmento (che continua comunque ad essere prodotto) riuscirà a depositarsi e ad assolvere la sua funzione di colorare il pelo. In quest’ultimo caso, perciò, il pelo risulterà sbiadito (grigio o sabbia chiaro) per insufficienza di pigmento

   Nei cani MM, invece, il pelo è pressocchè bianco, perché la matrice che dovrebbe accogliere il pigmento è ancor più limitata per cui vi si deposita pochissimo pigmento e noi sappiamo che se al pelo non arriva pigmento, esso sarà bianco.

  Proviamo a spiegare con un esempio quanto or ora detto su cosa accade quando viene prodotta una proteina PMEL in maniera errata perché le informazioni derivano dall’allele mutato M anziché da quello originario m.

  Immaginate di trovarvi in una stazione ferroviaria affollata di persone e che in questa stazione, come sempre accade, arrivino treni con un differente numero di vagoni. In questo nostro esempio i passeggeri rappresentano i granuli di melanina, mentre i vagoni sono la matrice su cui questi granuli si depositano.

  Ebbene, nel caso più fortunato, arriva un treno che porta un numero di vagoni sufficiente ad accogliere tutti i passeggeri. Nel nostro esempio, tutto il pigmento prodotto trova posto tra le fibre della matrice sulla quale deve depositarsi. In questo modo il pelo del cane riceve la giusta quantità di pigmento e mostra il colore in tutta la sua pienezza (mm).

  Nel caso, invece, in cui arrivi alla stazione un treno con pochi vagoni, ci saranno persone pronte a partire (il pigmento, cioè, è stato regolarmente prodotto) ma che rimangono in stazione perché non ci sono abbastanza vagoni per contenerle (la matrice non riesce ad accogliere tutto il pigmento). In questo caso la colorazione risulterà sbiadita, il nero diverrà grigio per insufficienza di pigmento, ed il sabbia diluirà in sabbia chiaro (Mm).

  Ovviamente, nel caso di un treno che non ha vagoni, quasi nessun passeggero riuscirà a partire e sulla matrice riuscirà a depositarsi solo pochissimo pigmento. In questo caso il pelo sarà quasi esclusivamente biancastro (MM). 

  Ovviamente il meccanismo della pigmentazione è molto più complesso di quanto abbiamo semplicisticamente descritto, ma speriamo di aver comunque reso l’idea di come una mutazione possa portare ad una modifica delle informazioni conservate per il funzionamento di una proteina e determinare conseguentemente un fenotipo diverso.

Short Interspersed Elements

  Ricordiamo che una molecola di DNA ha quella famosa forma, tante volte vista, di una scala a pioli elicoidale, in cui i montanti sono zuccheri e fosfati, ed i pioli sono costituiti da coppie di quattro diverse basi azotate: Adenina (A) Timina (T) Citosina (C) e Guanina (G).

  L’informazione genetica risiede nella sequenza delle 4 basi azotate che possono essere considerate come un alfabeto di lettere che, combinandosi, formano le parole. Le parole, in una sequenza stabilita, formano a loro volta le frasi, ossia le istruzioni, dunque, i geni.

  A questo punto dobbiamo spiegare che il genoma (ossia l’insieme del corredo genetico di un individuo) contiene anche sequenze di DNA ripetute centinaia di migliaia di volte. I ricercatori che sono giunti a questa conclusione, tra cui quelli del Laboratorio di Epigenetica del Dulbecco Telethon Institute hanno ipotizzato che tali sequenze ripetute sono essenziali per il corretto funzionamento dei geni in quanto, inserendosi in prossimità di essi, ne regolano l’attività. 

  L’origine di queste sequenze ripetute, che rappresentano una parte consistente dell’intero genoma, sta nei "trasposoni", che sono particolari segmenti di DNA che hanno la capacità di spostarsi da una parte del genoma all’altra e, per questo motivo, hanno un ruolo essenziale nell’evoluzione, perché data la loro natura mobile sono in grado di creare variabilità facendo acquisire o perdere certe funzioni biologiche (Dr. Barbara McClintock, Premio Nobel per la Medicina 1983).

  All’inizio della loro storia evolutiva i cani avevano nel loro patrimonio genetico solo l’allele ancestrale m, ma ad un certo momento una mutazione ha portato alla nascita del suo omologo mutato M.

  Nel 1984, il Dr. Phillip Sponenberg pubblicò uno studio nella rivista scientifica Journal of Heredity in cui ipotizzava che il gene merle fosse dovuto ad una mutazione in un gene chiamato "DNA trasponibile". Studi successivi condotti nel 2006 dalla Dottoressa Leigh Anne Clark e dai suoi colleghi della Texas A & M University hanno provato che la presenza del gene mutato M è sempre associata alla presenza di un particolare tipo di DNA trasponibile, detto SINE, che non è presente in m. 

Le SINE, acronimo di Short Interspersed Elements, sono brevi sequenze di DNA, costituite da meno di 500 basi. Esse costituiscono il 13% del genoma umano (Lander et al., 2001). Sebbene le SINE siano spesso definite “DNA spazzatura”, perché costituiscono generalmente parti non codificanti (cioè non producono una proteina) pure sembrerebbero avere un ruolo essenziale nell'evoluzione.

  Alcuni ricercatori (Clark et al.) ipotizzano anche che le sequenze SINE potrebbero essere responsabili di altri fenotipi di varie razze di cani, a causa della loro capacità di inserirsi nel genoma e di modificarlo. La SINE associata al gene PMEL responsabile del fenotipo merle è presente in molte razze canine, dunque essa é stata selezionata mentre il cane si stava evolvendo nelle varie razze, nonostante i vari difetti di salute connessi alla presenza dei due alleli MM, che avrebbero potuto portare alla sua estinzione. Quindi l'inserimento di SINE deve essere avvenuta prima della nascita di molte delle attuali razze.

  Questo ci permette perciò di rispondere alla domanda: quando i blu merle sono comparsi nella razza Collie? La risposta é che molto probabilmente i merle erano diffusi ancor prima che la razza del collie nascesse! 

  Una SINE è dunque quel DNA trasponibile di cui parlava Sponenberg e sta ad indicare una sezione di DNA in grado di copiare se stessa ed inserire la copia in altre aree del genoma. In tutti i cani merle è presente una SINE inserita nel gene PMEL. Questi risultati sono stati confermati da ricerche effettuate sugli Sheltie e su altre sei razze di cani che manifestano un fenotipo merle: Collie, Border Collie, Pastore australiano, Welsh Corgi Cardigan, Bassotto, e Alano. Viceversa, ricerche effettuate su 26 razze di cani che non presentano il fenotipo merle, hanno confermato l’assenza in esse delle sequenze SINE.

  Ora, una SINE è composta di tre parti: una testa, un corpo e una coda. E’ la coda la parte più importante per spiegare il comportamento della mutazione M. Essa è caratterizzata da una ripetizione di Adenina. L’Adenina è, come detto, una base azotata, uno dei mattoni principali della struttura della molecola di DNA.

 

  Per avere un cane che abbia il genotipo merle (Mm) ed anche il fenotipo merle (cioè, affinché un cane geneticamente merle abbia anche l’aspetto esteriore di un merle) la coda della SINE (associata ad M) deve essere sufficientemente lunga (almeno 91 ripetizioni di Adenina). Se la coda è troppo corta (65 ripetizioni o meno) non avremo un fenotipo merle (il cane non apparirà come un merle) pur essendo il genotipo Mm. In parole più semplici, in un cane geneticamente merle esisterà sempre una sequenza SINE, ma questo cane sarà merle anche nell’aspetto esteriore solo se la coda della SINE è abbastanza lunga, altrimenti, pur essendo geneticamente un merle, apparirà come un tricolore (o un sabbia). Vedremo più avanti che questi soggetti sono noti col nome di “merle criptici”. 

  Concludendo, sono due i fattori indispensabili per avere un fenotipo merle in presenza di un genotipo Mm: la presenza della sequenza SINE e la presenza in essa di una coda abbastanza lunga. Invece, quando nel locus merle vi è la presenza di SINE, ma la coda di questa SINE è corta, abbiamo sì un genotipo merle, ma il fenotipo sarà quello di un non-merle.

 

Come fa SINE ad influenzare la formazione di una proteina PMEL più o meno funzionale? 

Durante il processo di trascrizione (processo in cui il messaggio presente nel DNA viene tradotto in quello delle proteine) si verifica un fenomeno noto col nome di “splicing” (= montaggio) attraverso il quale si ha la rimozione, mediante tagli, di alcune parti (non codificanti) e l’unione di quelle rimanenti (codificanti). Questo fenomeno può essere paragonato al montaggio della scena di un film che si fa in cinematografia. Il tecnico montatore analizza il materiale e lo ricompone in base alle esigenze narrative. L’operazione viene fatta mediante tagli ed unioni di parti della pellicola, per cui alla fine si ottiene il filmato nella sequenza desiderata. Il ruolo del montatore in un film è molto importante, perché la trama stessa del film potrebbe cambiare a seconda del lavoro che fa. La presenza di SINE proprio nella zona dove è previsto il taglio, potrebbe portare ad un taglio diverso e questo potrebbe provocare a sua volta l’invio di un messaggio diverso che si tradurrebbe in una proteina diversa. Per questo, scoprire che SINE associata ad M si trova in una zona di taglio è stato un passo importante per comprendere meglio l’azione di M e come si possa ottenere una proteina diversa e più o meno funzionale.

A questo punto è giusto domandarsi cosa determina la lunghezza della coda di SINE.

  Teniamo presente che la coda può accorciarsi o allungarsi (quindi mutare) ogni volta che viene copiata. Abbiamo visto che non c’è merle senza la presenza di una SINE, e che non c’è espressione del merle senza che la coda della SINE sia abbastanza lunga, e che l’allele M può mutare in un allele con una coda della SINE divenuta troppo corta per portare alla formazione di una glicoproteina funzionale. Convenzionalmente indicheremo quest’ultimo prodotto con m* (m* presenta la SINE come M, anche se corta, ed è il risultato di una mutazione di M).

 

  Ora, queste nuove mutazioni possono avvenire sia nelle cellule somatiche che in quelle germinali, perché la presenza della coda di SINE con ripetizioni di Adenina può portare allo slittamento del modulo di lettura del filamento di DNA durante la replicazione cellulare e/o ad un ineguale crossing-over (Roy-Engel et al., 2002). In parole più semplici la presenza di un tratto di DNA con delle parti che si ripetono (ad esempio sequenze di Adenina) può determinare un errore durante la lettura del filamento di DNA che deve essere copiato, portando alla formazione di un filamento di DNA non identico a quello originario e pertanto con esso può cambiare anche il messaggio in esso contenuto. Ricordiamo che le cellule somatiche sono le cellule del corpo, le germinali quelle della riproduzione. Se questo fenomeno avviene nelle cellule somatiche la perdita dell’effetto merle (per mutazione di M a m*) causerà la comparsa di macchie nere sul corpo del collie. Se invece queste mutazioni avvengono nelle cellule germinali potrebbero essere ereditate dalle generazioni successive, cambiando radicalmente il genotipo del collie.

  Del resto, un evidente esempio di quanto detto sta nel fatto che solitamente i collie blu merle presentano alla nascita un corpo quasi completamente grigio. Le macchie nere che via via compaiono durante la crescita sono il risultato della mutazione di M in m*. E’ dunque la lunghezza della coda della SINE che controlla il grado di merling del mantello ed è contemporaneamente responsabile del grado di diffusione delle chiazze nere, nonchè della casualità del colore degli occhi, ossia, in definitiva, della qualità di un collie blu merle.

l merle criptico

  La vita non é mai immutabile, essa continuamente si evolve e si trasforma, lasciandoci spesso a bocca aperta ad ammirarla. Se così non fosse l’universo sarebbe rimasto fermo al primo giorno della Creazione. Un esempio classico di come non sempre ciò che diamo per scontato si avvera è quel fenomeno poco conosciuto che va sotto il nome di “merle criptico” (criptico = nascosto) o “phantom merle” (phantom = fantasma).

  Abbiamo detto precedentemente che per avere in un cane oltre al genotipo merle (Mm) anche il fenotipo merle (cioè per avere un cane che abbia anche l’aspetto esteriore di un merle, oltre ad esserlo geneticamente) la coda della sequenza SINE deve essere sufficientemente lunga (almeno 91 ripetizioni di Adenina) e che se invece la coda è troppo corta (65 ripetizioni o meno) non avremo un fenotipo merle, ossia l’aspetto sarà quello di un tricolore (o di un sabbia). Un collie siffatto si chiama “merle criptico”.

  A volte è possibile riconoscere un merle criptico dalla presenza di piccole macchie merle in alcune limitate zone del corpo: orecchie, coda, estremità degli arti, ma in altri casi non ve ne è traccia.

   Nel 1984 il Dott. Sponenberg studiò l’accoppiamento tra doppi merle (MM) e non merle (mm). In teoria un simile accoppiamento avrebbe dovuto dare solo prole merle (Mm). Sponenberg, invece, osservò che si ottenevano anche cani non merle. Successivi accoppiamenti tra cani così ottenuti continuava a dare prole non merle. Questo indicava che era avvenuta una retromutazione e che essa era stabile. Il tasso di frequenza con cui questa retromutazione si verificava fu calcolato da Sponenberg nell’ordine del 3-4%, mentre solitamente i tassi di frequenza delle mutazioni sono nell'ordine di 10-4 (Sponenberg, Germinal reversion of the merle allele in Australian shepherd dogs, 1984). Dunque su 100 cuccioli nati da questi accoppiamenti ed attesi come blu merle, circa 96-97 erano blu merle e 3-4 non merle. Questo risultato confermava l’ipotesi di Whitney e Lamoreux (1982) che ipotizzavano che il locus merle contenesse un elemento trasponibile, instabile, cui erano imputabili tassi di mutazione fuori dalla norma.

  Un ulteriore caso di studio si era avuto quando alcuni allevatori avevano osservato con stupore la nascita di soggetti blu merle in cucciolate ottenute accoppiando due cani apparentemente tricolori, da cui sarebbero dovuti nascere tutti cuccioli tricolori. Questo poteva essere spiegato solo col fatto che almeno uno dei due riproduttori fosse un merle (criptico!). E’ la presenza dell’allele m* con sequenza SINE a coda corta che può causare la retromutazione di m* in M.

  Possiamo perciò confermare che M è geneticamente instabile, e la sua instabilità consiste nella facilità con cui può perdere pezzi di coda mutando da M in m*.

  Sulla base di quanto detto finora, crediamo che sarebbe meglio cominciare a pensare che gli alleli del gene PMEL non siano due, ma tre: m, M, m*: 

 

1) m = allele originario (wild type) non merle, che non provoca alcuna diluizione;

 

 2) M = allele mutato, con una SINE a coda lunga, che provoca la diluizione del manto;

 

3) m* = allele mutato, ma con una SINE a coda corta, che non provoca diluizione,     comportandosi come m.

 

  In teoria tutti questi alleli sono in grado di retromutare gli uni negli altri. Infatti, l’inserzione di una sequenza SINE in m ha provocato la mutazione che ha creato M. Una mutazione durante le fasi di divisione cellulare può generare a sua volta una coda della SINE troppo corta e perciò dare luogo ad m*, che, acquisendo basi, potrebbe tornare ad essere M.

 

Solo teorie? No, visto che nella popolazione dei collie esistono vari fenotipi, merle, non-merle e merle criptico e ci sono anche macchie nere non diluite in un mantello blu merle.

Il test per il Gene Merle

  La conoscenza dell’esatta situazione genetica di un cane nei riguardi del gene merle è della massima importanza per gli allevatori. La si può ottenere empiricamente attraverso l’osservazione della prole. Se ad esempio il nostro collie tricolore, accoppiato con un altro tricolore, ha dato cuccioli blu merle, probabilmente il nostro collie è un merle criptico. Però non sempre tale mutazione avviene durante il processo riproduttivo ed inoltre, essendo il tasso di mutazione intorno al 3-4%, dovremmo avere molti cuccioli prima di arrivare ad una certezza. Inoltre, il responsabile del fenotipo merle potrebbe essere il partner del nostro cane, per cui occorrerebbe ripetere l’accoppiamento con altri partner. Tutto dunque piuttosto complicato; i tempi in cui Mendel piantava piantine di piselli per studiare la loro genetica sono lontani ed oggi esistono mezzi molto più immediati e scientificamente efficaci. Un semplice test, che consiste in un tampone della guancia o ematico, può darci tutte le risposte di cui abbiamo bisogno.

 

  Perché è così importante fare questo test? Per evitare di effettuare, senza volerlo, accoppiamenti tra merle che potrebbe portare alla nascita di cuccioli doppio merle MM con un’altissima percentuale di problemi alla vista ed all'udito e la cui iscrizione nei registri di molti Kennel Club è oggi negata.

Conclusioni

  Il merle non è solo un colore del mantello, è un meraviglioso ed affascinante fenomeno genetico che i ricercatori hanno studiato per anni. Finora, la gran parte degli allevatori si é contentata di conoscere i meccanismi di base che regolano gli accoppiamenti per ottenere questa varietà, bella quanto difficile da allevare. Noi riteniamo che sia giunto il momento di approfondirne la conoscenza diventando capaci di offrire ai nostri cani ed ai loro futuri proprietari quella professionalità che il ruolo stesso di allevatori moderni richiede.

 

  Vogliamo sperare che questo modesto lavoro vada nella direzione auspicata. 

Bibliografia

  Bardeleben C., Biagi T., Breen M., Brockman W., Butler J., Clamp M., Chang J.L., Chin C., Cook A., Cuff J., Daly M.J., DeCaprio D., DeJong P.J., Galibert F., Gnerre S., Goodstadt L., Grabherr M., Heger A.,Hitte C., Jaffe D.B., Kamal M., Karlsson E.K., Kellis M., Kim L., Kirkness E., Kleber M., Koepfli K., Kulbokas E. J., Lander E. S., Lindblad-Toh K., Mauceli E.,Mikkelsen T.S., Ostrander E.A., Parker H.G., Pollinger J.P., Ponting C.P., Searle S.M.J., Smith D.R., Sutter N.B., Thomas R., Wade C.M, Wayne R.K., Webber C., Xie X. e Zody M.C., (2005) Genome sequence, comparative analysis and haplotype structure of the domestic dog, Nature, Vol. 438/8

 

  Clark L. A., Wahl J. M., Rees C. A., Murphy K. E. (2006) Retrotransposon insertion in SILV is responsible for merle patterning of the domestic dog, Proceedings of the National Academy of Sciences

 

  Clark L. A., Wahl J. M., Rees C. A., Strain G. M., Cargill E. J., Vanderlip S. L., Murphy K. E. (2008) Canine SINEs and Their Effects on Phenotypes of the Domestic Dog, Genomics of Disease

 

  Cordaux R. & Batzer M. A. (2006) Teaching an old dog new tricks: SINEs of canine genomic diversity, PNAS, Vol. 103/5

 

  Corre S., Denis B., Derrien T., Dréano S., Galibert F., Galibert M., Hédan B., Hitte C. e Vilboux T. (2006) Coat colour in dogs: identification of the Merle locus in the Australian shepherd breed, BMC Veterinary Research, 2/9

 

  Little C. C. (1957) The Inheritence of Coat Color in Dogs, Cornell University Press, Ithaca, NY

 

  Ostrander E. A., Comstock K. E. (2004) The domestic dog Genome, Current Biology, Volume 14, Issue 3, pR98–R99

 

  Ostrander E. A., Ruvinsky A. (2012) The Genetic of the Dog, National Human Genome Research Institute, National Institutes of Health, Maryland. USA

 

  Raven P. H., Johnson A., Mason K. A., Losos J. B., Singer S. R. (2012) Genetica e biologia molecolare, Piccin-Nuova Libraria

 

  Sponenberg D. P. (1984) Germinal reversion of the merle allele in Australian shepherd dogs, Journal of Heredity

 

  Strain G. M., Clark L. A., Wahl J. M., Turner A. E., Murphy K. E. (2009) Prevalence of Deafness in Dogs Heterozygous or Homozygous for the Merle Allele, Journal of Veterinary Internal Medicine, vol 23

 

  Vanderlip S. L. (1984) The Collie - A Veterinary Reference for the Professional Breeder, Biotechnical Veterinary Consultants

 

  Whitney J. B. and M. L. Lamoreux. (1982) Transposable elements controlling genetic instabilities in mammals, The Journal of Heredity 73:12-18

 

  Willis M.B. (1989) Genetics of the Dog, Howell Book House, New York Winge O. (1950) Inheritance in Dogs with Special Reference to the Hunting Breeds, Comstock, New YorK