Strategie d'allevamento

Riflessioni su inbreeding ed outbreeding di Giulia Faessler


 

  Non è di molto tempo fa l’allarme lanciato dall’INTERGOVERNMENTAL SCIENCE-POLICY PLATFORM ON BIODIVERSITY AND ECOSYSTEM SERVICES (IPBES) circa il pericolo di estinzione che corrono un milione di specie animali e vegetali a causa della perdita di biodiversità, fenomeno che sta producendo effetti addirittura più gravi, anche se meno appariscenti, di quelli causati dal riscaldamento globale. Ma cosa è la biodiversità? E’ la varietà dell’informazione genetica contenuta nei diversi individui di una stessa specie.

 

 

  Ricordo che da bambina, spesso sentivo parlare gli allevatori di cani di accoppiamenti praticati tra fratellastri o cugini, in modo del tutto normale. Scommetto che in molti di voi c’è l’idea che alla fine, essendo cani, la cosa non sia poi cosi grave, ma ne siete davvero sicuri?

 

  Gli allevatori di un tempo erano soliti a incrociare consanguinei credendo che,  se nel pedigree di un cane si ripeteva più volte un antenato valido, questo poteva dare un contributo maggiore alla linea di sangue e ottenere pertanto una prole più valida. L’idea non era del tutto sbagliata, in quanto quando due individui si accoppiano conferiscono alla prole il 50% del loro patrimonio genetico (ogni gene è costituito da due alleli, uno ereditato dalla madre e uno dal padre), ma se un individuo si ripete più volte nel pedigree, può dare un maggiore contributo genetico alla popolazione. 

 

Gli allevatori praticavano l’inbreeding (con il termine inbreeding, o inincrocio, si indica l’incrocio tra soggetti consanguinei), per cercare di fissare determinati caratteri e/o mantenere una determinata linea di sangue. La principale conseguenza della consanguineità è quella di far aumentare l'omozigosi (alleli identici es. aa per un gene) a discapito dell’eterozigosi (alleli diversi per gene es. Aa).

 

  Circa cento anni fa si è iniziato a capire che il prezzo da pagare per tale metodo di allevamento poteva essere molto alto. In natura i livelli di inincrocio in una popolazione sono una conseguenza della distribuzione geografica, del meccanismo di riproduzione e del comportamento dei vari individui nell’ambito della specie. Nelle pratiche di allevamento è invece l’uomo ad avere un ruolo fondamentale nell’evolversi di una razza, sia a livello estetico e comportamentale che di salute e tramite la sua selezione può determinare il coefficiente d’inbreeding o consanguineità di una razza.

Il coefficiente di consanguineità è stato introdotto per la prima volta da Sewell Wright nel 1922 ed indica la probabilità che i due alleli per qualsiasi gene siano identici per discendenza, ovvero che entrambi gli alleli di un gene siano stati acquisiti dallo stesso antenato (uno attraverso il padre e uno attraverso la madre).  In parole più semplici il coefficiente di inbreeding è una misura del grado di consanguineità espressa in percentuale. Si tratta di un valore probabilistico in una scala da 0 a 100%, calcolato in base a tutte le informazioni disponibili sull’albero genealogico (analisi del pedigree), dove lo 0% indica un cane che proviene da due genitori apparentemente non imparentati. Il 6,25% sarebbe l'equivalente genetico di un cane prodotto dall'accoppiamento tra soggetti con un antenato in comune in 2°e 3° generazione,  il 12,5 % dall'accoppiamento tra nonno-nipote o dall'accoppiamento tra  fratellastri. Il 25% sarebbe l'equivalente genetico di un cane prodotto dall' accoppiamento genitore-figlio o fratello-sorella.

La pratica dell’inincrocio veniva utilizzata per avere cucciolate con cuccioli più omogenei, più simili tra di loro, che avessero i caratteri di un antenato valido o per fissare I caratteri desiderati.

 

Inbreeding: come ottenere un individuo omozigote con alleli acquisiti da uno stesso antenato

   L’accoppiamento tra parenti aumenta la percentuale di coppie di geni allo stato omozigote. Nel grafico sottostante è rappresentato il caso in cui il cucciolo abbia un bisnonno in comune sia dal lato materno che paterno (il Collie in nero è l’antenato in comune da entrambi i lati del pedigree ). Con un pallino rosso sono indicati gli alleli ereditati dall'antenato in comune. In bianco quelli diversi da quelli in rosso, non ereditati dal bisnonno in comune.

Le frecce ci mostrano come gli alleli vengano ereditati da una generazione all’altra, passando da eterozigoti (alleli diversi, bianco e rosso) a omozigote (alleli identici rosso-rosso), cosi da ottenere un cucciolo omozigote (rosso-rosso), con alleli identici ed ereditati dallo stesso parente.

Consideriamo il caso in cui il gene in omozigosi esprima un carattere vantaggioso per l’allevatore, esempio un pelo ben folto, l’allevatore sarebbe contento di avere tutti i cuccioli della cucciolata omozigoti con pelo folto, grazie all’inbreeding. In realtà la probabilità che dietro a quegli alleli in omozigosi si nasconda un carattere svantaggioso è molto alta (es.malattie genetiche). L’inbreeding può avere effetti negativi sia sul singolo individuo che sulla popolazione. Gli effetti negativi sono molteplici e non riguardano solo la razza Collie, ma tutte le razze, tutti gli animali e tutti i vegetali.

Nei suini ad esempio è stato scoperto che una delle conseguenze della consanguineità è la riduzione del numero di piccoli, della fertilità, della produzione di latte, ma anche delle dimensioni dei soggetti e della lunghezza del muso. Questo è un problema zootecnico ed economico non di poco conto.

Studi condotti sui Barboncini hanno rivelato che cani con un COI inferiore a 6,25% vivono in media quattro anni in più rispetto a quelli con COI oltre il 25%. Quattro anni nella vita di un cane non sono pochi, circa 1/3 di vita in meno. Pertanto l’inbreeding influisce anche sulla durata media della vita e  sulle morti neonatali. Whright osservò che più aumenta la consanguineità e minore sarà il numero di cuccioli e le loro dimensioni e la loro vitalità.

Studi condotti sui Fox Terrier, invece, hanno dimostrato che l’inincrocio provoca una riduzione degli spermatozoi vitali e della frequenza dell’estro nelle femmine (es. cani che hanno un ciclo estrale di un anno anzichè di sei mesi). L’inbreeding ha pertanto effetti sulla fertilità e sul numero di cuccioli di una cucciolata (fenomeno detto“Depressione da consanguineità”) e tali cuccioli possono presentare disturbi genetici in quanto spesso con l’inincrocio affiorano malattie genetiche recessive. La maggior parte delle malattie genetiche gravi o letali si esprimono negli omozigoti recessivi.

Tutto questo può portare al cosiddetto “vortice d’estinzione”, ovvero all’inizio dell’estinzione della razza. È stato stimato che tale soglia corrisponde ad un valore di COI del 10%, ma gli effetti nocivi della consanguineità iniziano già a manifestarsi con un COI di circa il 5%. Pertanto il coefficiente di inbreeding deve essere il più basso possibile, almeno sotto il 5%.

Ad oggi il COI viene calcolato con sistemi di calcolo informatici in quando spesso in un pedigree vi sono più individui che si ripetono e il calcolo manuale potrebbe diventare difficile (pertanto vi risparmierò la formula matematica per ottenere tale coefficiente).

 

Dando uno sguardo a diversi pedigree online, ho notato che molti allevamenti hanno iniziato ad ridurre il valore COI dei loro accoppiamenti. Analizzando accoppiamenti recenti, calcolando il COI in base a cinque generazioni il valore risulta mediamente basso, ma se facciamo un’analisi di 10, 20 generazioni (quindi analizzando accoppiamenti meno recenti) la situazione peggiora.

Deve essere ben chiaro che ogni singolo allevatore (amatoriale o meno) può influenzare la genetica del singolo individuo e di tutta una popolazione. Per il bene della razza la divulgazione delle corrette pratiche d’allevamento è sempre più importante. La stessa Federazione cinofila internazionale (FCI) nelle linee guida per un corretto allevamento, "FCI International Breeding Strategies", consiglia di preservare, o preferibilmente estendere la diversità genetica della razza, e afferma che la forte consanguineità dovrebbe essere evitata.

Il kennel club del Regno unito dichiara che per il valore medio di inbreeding per i Collie è del 14,3%. Un valore è troppo alto per il benessere della razza. Inoltre, è stato stimato che la Dimensione effettiva della popolazione (EPS) è pari a 39.4. L'EPS è una misura di quanti individui stanno contribuendo geneticamente a una popolazione di razza. È una misura della dimensione del pool genetico in una razza. Meno di 100 è considerato critico dagli ambientalisti e meno di 50 porta una razza vicina all'estinzione.

È doloroso affermare che oltre ad essere tutti imparentati tra di loro, i Collie rischiano l’estinzione.

 

   Questo articolo non vuole essere una critica verso coloro che in passato abbiano effettuato l’inincrocio. Comprendo che sia una via rapida ed efficace per ottenere dei risultati o per mantenerli, ma ad oggi per il bene della razza, non è più possibile continuare su questa via.

 

Programma d’allevamento

   Partendo dal principio che è meglio evitare l’accoppiamento tra consanguinei o almeno tenere un COI inferiore al 5%. Resta il problema di riuscire a fare un buon lavoro di selezione e di riuscire a fissare dei caratteri validi in una popolazione. Senza utilizzare l’inbreeding, generalmente ci vogliono diverse generazioni per ottenere i caratteri che vogliamo e possiamo ottenerli tramite l’outbreeding.

L’outbreeding consiste nell’accoppiare individui non consanguinei o con basso COI (è l’opposto dell’inbreeding). Sono cani che aumentano eterogeneità dalla popolazione, la diversità genica e l’eterozigosi (geni con alleli diversi es. Aa).

 

Come biologa direi che sarebbe tutto perfetto, ma come allevatrice vi dico che ciò può portare ad una cucciolata troppo eterogenea, cani molto diversi tra di loro che, con l’aumentare della eterozigosi possono a loro volta dare una prole meno omogenea, una linea di sangue non ben definita. È però possibile selezionare tra questi cuccioli gli individui più validi. Il modo per riprodurre le qualità di un antenato outbreeding è quello di accoppiare due individui che lo imitano fenotipicamente e genealogicamente.

Pertanto, se da un lato abbiamo l’inbreeding che aumenta l’omogeneità e fissa i caratteri (ma può causare anche svariati difetti gnetici), dall’altro l’outbreeding aumenta la diversità e può introdurre o migliorare dei caratteri.

Ad esempio, se abbiamo cuccioli con occhi troppo piccoli, un cane con gli occhi grandi può conferire alla prole un’espressione migliore. Ma non è detto che tutti i cuccioli abbiano gli occhi grandi. Dipende se il carattere è dominante o recessivo. Comunque sia,  immaginiamo di ottenere una cucciolata eterogenea. L’allevatore dovrà selezionare i cuccioli con le caratteristiche migliori e lavorando per diverse generazioni, riuscire a fissare questo carattere. Questo si può fare cercando individui simili, anche se non consanguinei, che abbiano caratteristiche fenotipiche simili. L’analisi dovrebbe essere estesa anche alle generazioni precedenti, perché l’outbreeding, aumentanto l’eterozigosi, aumenta anche la probabilità che vi siano caratteri recessivi che possano esprimersi nelle generazioni successive.

Ricordo che la mia professoressa universitaria di genetica ci diceva sempre:” Voi non siete figli dei vostri genitori, ma dei vostri nonni”. Per farci comprendere che spesso i caratteri

recessivi saltano una generazione. Pertanto più informazioni riusciamo ad ottenere sulla trasmissione dei caratteri dagli antenati e più facile sarà la selezione.

 

Comprendo che non sia un lavoro facile allevare e che rinunciare all’inbreeding o ridurlo, richiede un grande sforzo di selezione e aumenta la difficoltà nel mantenere una determinata linea di sangue. Possiamo accoppiare due individui molto diversi per introdurre un carattere (es cani di taglia maggiore), ma avremo cuccioli eterogenei e solo alcuni validi. Se però prendiamo quelli validi e li incrociamo con individui simili, ma non parenti, possiamo con un attento lavoro di selezione, riuscire ad ottenere cani con un buon corredo genetico e dalla bella linea. A mio avviso uno sforzo che dobbiamo fare per il bene della razza.


Bibliografia:

Genetica del cane; Willis; 1989

Genetica per le scienze animali; Van Vleck, Pollak e Oltenacu; 1987

Genetica pratica per allevatori di cani; Willis; 1992

Diversità nei Poodles; Armstrong; 1998

http://www.dogbreedhealth.com/a-beginners-guide-to-coi/

https://www.instituteofcaninebiology.org/blog/coi-faqs-understanding-the-coefficient-of-inbreeding

https://www.thekennelclub.org.uk/health/for-breeders/inbreeding/

http://www.dogbreedhealth.com/rough-collie/

https://www.instituteofcaninebiology.org/blog/coi-faqs-understanding-the-coefficient-of-inbreeding