La Vera Storia di James A. McGlynn

La Vera Storia di James A. McGlynn

di  David Marvel e Lucio Rocco


 Trenta anni fa, nel 1981, David Marvel (Marvale) raccontò per la prima volta la storia di James A. (Mickey) McGlynn. I suoi successi di allevatore ed il suo spirito di sacrificio, a ventinove anni dalla morte, meritavano di essere ricordati agli appassionati del collie e soprattutto a quelli del collie bianco. A quell'epoca però la storia di Mickey non poteva essere ricostruita nella sua completezza, perché il libro di Clemens P. Work non era stato ancora scritto. Oggi, a quasi sessanta anni dalla sua morte, insieme a Lucio Rocco (Porta Saracena) che ha riportato alla luce informazioni sepolte nelle cronache giudiziarie dello Stato del Montana, relative alla vita di Mickey nei primi anni del secolo scorso, David Marvel torna su questo eroico personaggio, per onorarne la memoria, ravvivarne il ricordo tra i collisti americani e farlo conoscere a quelli italiani, ma soprattutto per tener fede ad una promessa non mantenuta: "Il più bel tributo che possiamo offrire a Mr. McGlynn - affermò una volta Ken Martin - é nelle parole del Presidente del White Collie Club, Grace Clark Seaman: mantenere vivo il Club nel ricordo del suo fondatore, del collie bianco e di tutti i collie". Un ringraziamento particolare va a Louise Johnson (Silcrest) per aver voluto condividere con noi i suoi ricordi degli ultimi anni di vita di Mickey e a Judie Evans (Clarion) che é riuscita a far incontrare, pur a migliaia di chilometri di distanza, tante persone  innamorate dello stesso ricordo. 

 

  Ogni tanto accade di imbattersi in qualche storia “dimenticata”, o peggio "cancellata" da una volontà oscura il cui fine risulta incomprensibile. Quando il filo della memoria viene spezzato, rimane nel tempo una ferita sanguinante e si diventa complici di un’ingiustizia perpetrata verso persone che avrebbero meritato ben altro trattamento da parte di chi, a vario titolo, si è interessato alla loro vita.

  La storia di James Albert McGlynn è oggi quasi completamente sparita dalla mente delle generazioni di allevatori che non lo hanno conosciuto ed il suo nome figura ormai solo su poche pagine ingiallite di vecchie e quasi introvabili riviste dedicate al collie.

 

  Eppure, per la nostra razza, Mickey (come veniva chiamato) ha letteralmente sacrificato la sua stessa vita.

 

“James McGlynn era una persona speciale, un insieme assolutamente unico di intuito e determinazione. Possedeva, più di chiunque altro io abbia conosciuto, quella combinazione di caratteri che avrebbe avuto maggiori probabilità di successo nell’allevamento del collie bianco”.

  Così David Marvel lo descriveva  nell'articolo pubblicato su Collie Cues nel 1981.

Per questo motivo ci è parso giusto dedicare a lui la prima pagina del nuovo anno in cui ricorre il 130° anniversario della nascita, riflettendo un poco sul significato che anche in campo cinofilo può avere la memoria, in un'epoca in cui tutti inseguono invece la fama, e sul contrasto che anche qui esiste tra l’immortalità guadagnata col sacrificio e l’immoralità dei tempi nostri.

 

 

  Grazie all'articolo di David Marvel trent'anni fa conoscemmo gli ultimissimi, stupefacenti anni di Mickey ed oggi, dopo le ultime ricerche di Lucio Rocco, abbiamo la certezza che lui rimase sempre lo stesso per tutta la vita e che trentaquattro anni prima della sua prematura scomparsa, era già pronto a battersi per ciò che riteneva giusto e persino a sacrificare la sua stessa sicurezza.

  Altezza media, corporatura media, occhi azzurri e capelli neri, James A. McGlynn era nato il 28 novembre del 1881 nel North Dakota, figlio di un ricco agricoltore.

 

Cresciuto a Sydney nel Montana, sposò nel 1908 Louise Eliza Dubeau, da cui ebbe quattro figlie Lucille, Viviene, Phyllis e Maxine. Commerciante di combustibili, si occupò attivamente di politica, fu infatti un organizzatore della Non-Partisan League, formazione politica fondata nel 1915 negli Stati Uniti, che dal North Dakota si diffuse presto in tutto il Midwest americano ed in Canada.

 

  Il 1918 sarebbe stato un anno disastroso per molta gente, James A. McGlynn dimostrò invece in quell'anno di che pasta era fatto, di essere una persona che non rinunciava mai a dire la verità, che mai scendeva a compromessi e che sapeva affrontare pene anche ingiuste. Così era Mickey, senza ombra di dubbio.

 

 

  La storia inizia nei primi mesi del 1918 con Mickey al bar con gli amici. Dopo aver sentito un'affermazione che lui in tutta sincerità riteneva falsa, ne contestò gli artefici, e fu da questi duramente picchiato e denunciato. Al processo, il 29 marzo 1918, finì per essere arrestato con la grave accusa di sedizione. Motivo dell'arresto: aver detto, in una conversazione al bar, che i bambini mutilati, mostrati per provare la ferocia dei nemici tedeschi, si erano in realtà feriti nelle fabbriche degli Stati americani dell’Est. La giuria si espresse 11 contro 1 per una condanna a non meno di 10-15 anni di reclusione ma, a causa dell’incertezza di uno dei giurati, fu raggiunto un compromesso e gli fu comminata una multa di 500 dollari.

McGlynn però, saldo nei suoi principi, si rifiutò di pagare e rimase in carcere. Come disse molti anni dopo David Marvel, "era un leader, non un servo, e non era avvezzo a fuggire di fronte ad una sfida".

 

  Nel mese di dicembre del 1918 la Corte Suprema emise un ordine di habeas corpus e tre anni dopo annullò la sentenza.

 

 

Durante la prima guerra mondiale la sedizione era un crimine molto serio, quasi come il tradimento. Sedizione era la promozione di ogni forma di resistenza contro il governo, con il linguaggio o la scrittura. La sedizione è reato in molti Paesi di ogni continente. Negli Stati Uniti essa fu perseguita in diversi momenti della storia, in particolare durante la presidenza di John Adams con gli Alien and Sedition Acts del 1798, durante e dopo la prima guerra mondiale, e con la legge Smith del 1940, usata per reprimere l'appartenenza al Partito Comunista.

 

 

  Gli Stati Uniti, così come altre Nazioni, non sempre hanno corretto rapidamente i torti fatti, così solo nel 1964 la Corte Suprema stabilì che le pene per la sedizione erano contrarie al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che sancisce in sostanza la libertà di parola; nel frattempo però 79 persone (76 uomini e 3 donne) erano state condannate per sedizione nel Montana tra il 1918 e il 1919.

 In particolare la legge sulla sedizione dello Stato del Montana, emanata nel febbraio 1918, criminalizzava qualsiasi cosa fosse stata detta o scritta contro il governo o contro la sua condotta nella guerra.

    Molte di quelle 79 persone scontarono per intero la loro pena e qualcuno di loro morì in carcere. Le condanne prevedevano la reclusione fino a 20 anni e multe fino a 20.000 dollari, ma tra queste persone Mickey fu uno splendido esempio, seguito presto da altri, di vocazione a combattere le ingiustizie.

 

 

  Un libro pubblicato nel 2005, “Darkest Before Dawn” del Prof. Clemens P. Work della Scuola di Giornalismo dell’Università del Montana, riaprì il caso di quei 79 condannati ingiustamente. Nella conferenza stampa che seguì la pubblicazione del libro, tenuta nella libreria Fact & Fiction di Missoula nel Montana, l’autore formulò l'augurio che un giorno quelli che erano stati così ingiustamente condannati sarebbero stati riabilitati.

Il Professor Jeff Renz e sette dei suoi studenti di legge dell’Università degli Studi del Montana accolsero l’appello ed assunsero la difesa penale dei condannati per richiedere una grazia postuma. Tre studenti di giornalismo si accollarono l’onere di rintracciare parenti e discendenti di quei 79 e con l’aiuto di giornali e radio nazionali, finalmente, il 3 maggio 2006, in una commovente cerimonia nel Campidoglio di Helena, il Governatore Brian Schweitzer (accompagnato da Jag, il suo border collie) firmò il Proclama del Perdono.

 

 

 

  Questa storia non può essere ignorata se vogliamo capire chi era veramente il nostro Mickey, poiché essa fu solo un'anticipazione di quanto accadde più tardi nella sua vita.

In un articolo di Carole Kujala, “Collies in the Northwest", si trovano le prime informazioni su James A. McGlynn come allevatore.

 

  Il suo affisso era Collalba da "Coll", per Collie e "Alba", parola latina per bianco. Nel 1946, all’età di 65 anni, James McGlynn possedeva tre Collie bianchi. Aveva un sogno però, quello di riuscire a produrre dei collie bianchi dal colore eccezionale. Il suo programma di allevamento era semplice: allevava in consanguineità su un vecchio stallone, Lodestone Landmark, uno dei più grandi stalloni americani di tutti i tempi, nato nel 1929 e allevato da Fred e Madge Kem (Lodestone) e sulle classiche linee di sangue americane di Olympic, Bandoliera, Ardwick, e Parader. Solo poche settimane prima di morire Mickey scrisse a Bonnie Randall rivelandole che era arrivato al punto in cui era insistendo molto sulla linea dei Parader, soprattutto per migliorare mantello e temperamento.

 

  Nel 1947 James McGlynn venne eletto Presidente dell’Overlake Collie Club; era cosciente di non aver molto tempo a disposizione per realizzare i suoi progetti, data la sua età già avanzata, ma gli dava speranza il pensiero della longevità dei suoi genitori vissuti fino a 90 anni. Come confidò a Bonnie Randall, “non ho nessuna intenzione di rovinare questo record di famiglia”.

 

 

Nel 1949, McGlynn dette un notevole contributo alla riscrittura dello standard (americano) del Collie, che finalmente dava riconoscimento ufficiale alla varietà bianca. Nello stesso anno fondò un club di appassionati del collie bianco, chiamato "White Collie Breeders Association", con lo scopo di divulgare e pubblicizzare il collie bianco e promuovere il miglioramento della qualità del colore. McGlynn fu anche il redattore dell’organo di stampa dell’associazione, il "White Collie Bulletin", fino alla sua morte.

 

 

La prova del successo del suo impegno sta nei diciotto collie bianchi che finirono il loro campionato tra il 1949 e il 1952, contro i soli tre che lo avevano fatto negli anni precedenti.

Grace Clark Seaman, compianto Giudice dell'American Kennel Club e specialista dei collie bianchi,  ricordava con queste parole quest'uomo mite:

 

 

 

  "Non ricordo di aver mai conosciuto nessuno così premuroso verso i sentimenti degli altri. Questo era un aspetto istintivo del suo carattere, e non una maniera studiata di comportarsi".

 

  Nel 1952 James McGlynn ebbe finalmente la sua terza cucciolata di collie bianchi, quella per cui aveva lavorato a lungo e da cui sperava di veder realizzati i propri sogni. Louise Johnson (Silcrest), che ebbe la fortuna di vedere questi bellissimi batuffoli bianchi, sottolineò la qualità eccellente della cucciolata. Rintracciata oggi, dopo 59 anni, ci ha detto:

 

"Quei cuccioli avevano tutte quelle qualità che più mi hanno interessato nei bianchi. Ricordo ancora la buona ossatura e la solidità della struttura. Piccoli corpi candidi, splendidamente equilibrati, apparivano immediatamente come grandi promesse. Mi sarebbe piaciuto molto averne avuto uno".

  Ma James McGlynn non riuscì a veder il frutto del suo lavoro, un feroce destino infatti lo stava aspettando.

 

  A Woodinville (Washington) la sera di venerdì 11 gennaio 1952 era una serata molto fredda; Mickey, dopo aver acceso la stufa a petrolio, uscì dal canile e, come era sua abitudine, raggiunse il locale della signora Stone sull’altro lato della strada, per riscaldarsi con una buona tazza di caffè caldo. Era preoccupato però per quella stufa, così tornò indietro appena in tempo per vedere il suo canile in fiamme. Cercò disperatamente di mettere in salvo i suoi sette cuccioli bianchi, ma le fiamme avanzavano precipitosamente. In poco tempo i suoi vestiti presero fuoco.

 

 

l fuoco divorò il canile di Collalba.

 

McLynn fu portato al Kirkland Hospital. Aveva ustioni sul 40% del corpo, e le sue ultime parole furono di rimpianto per i suoi cuccioli: “erano tutto ciò per cui ho lavorato”, ebbe la forza di dire.

 

Morì all’alba di domenica mattina 13 gennaio.

 

"Credo – racconta Louise Batsch - che la perdita dei suoi amati cuccioli gli abbia spezzato il cuore”.

 

 

 Come Ken Martin scrisse più tardi su Collie Cues, "letteralmente parlando, egli è vissuto ed è morto per i suoi Collie. Io so che Mickey McGlynn non avrebbe desiderato un modo diverso di morire".

   Mickey McGlynn ha affidato la sua vita alla storia, e tutti lo ricorderanno e seguiranno il suo esempio fino a quando quella storia sarà raccontata. Era davvero un Campione nel combattere i torti, nel soccorrere gli indifesi e gli oppressi, anche rischiando la propria vita. 

 

  Ai lettori, David Marvel ha voluto ricordare che il sacrificio di Mickey può rivivere ancor oggi attraverso la sua capacità di lavorare per valorizzare il collie bianco: "Così, quando incontrerete un affascinante collie bianco, penserete: é il collie di Mickey!".